Il basilico subacqueo è stato analizzato dai ricercatori dell’Università di Pisa
L’Orto di Nemo ha coltivato il basilico nelle biosfere marine a largo delle coste della Liguria e finalmente sono arrivati gli esiti delle analisi. L’Università di Pisa – partner del progetto nato nel 2012 – ha messo a disposizione un team di ricercatori e in questi giorni ha diffuso le valutazioni delle piante cresciute in fondo al mare. L’idea del “superbasilico” è stata promossa da Mestel Safety del gruppo Ocean Reef, intenzionata a realizzare sistemi di agricoltura alternativi.
Esso è stato coltivato in speciali biosfere di metacrilato, che all’apparenza potrebbero sembrare mongolfiere – immerse a profondità sottomarine tra i 6 e i 10 metri di profondità, a largo di Noli (SV). Più verde, aromatico e ricco di sostanze antiossidanti – come i polifenoli – sono solo alcune delle qualità che il basilico sottomarino ha dimostrato di avere rispetto alla pianta che cresce sulla terraferma, secondo le analisi dei risultati giunte dall’Ateneo toscano.
Ogni biosfera dell'”Orto di Nemo” può contenere dalle 65 alle 95 piantine, che vantano maggiori livelli di pigmenti fotosintetici (clorofille e carotenoidi) per catturare meglio la minor luce che riceve rispetto a quella terrestre. Sono poi più ricche di metil eugenolo, l’aroma volatile caratteristico del basilico genovese, mentre non sono emerse differenze morfologiche al microscopio a scansione. Il sistema prevede che queste specie di mongolfiere trasparenti siano riempite d’aria, in modo che per via della sua leggerezza questa possa spingere l’acqua sotto. Le strutture sono assolutamente ecologiche, create in modo da non inquinare e non danneggiare l’ecosistema marino.
Sono, inoltre, autosostenibili: si alimentano con energia rinnovabile e per l’irrigazione sfruttano l’acqua marina, che dalle pareti gocciola sulle piante. “Un ecosistema così diverso da quello terrestre per pressione, luce e umidità influenza la crescita delle piante, ma anche la loro composizione in termini di metaboliti primari e secondari – ha detto la professoressa Luisa Pistelli dell’Università di Pisa – il nostro lavoro è stato quello di valutare la risposta delle piante a queste nuove condizioni ambientali da tre punti di vista, fisiologico, chimico e morfologico”.