L’analisi dell’Università Cattolica di Piacenza e Cremona
L’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Cremona, attraverso il progetto Craft ha organizzato un paio di incontri sulla sostenibilità delle produzioni agricole con l’obiettivo di inserirla in un giusto contesto produttivo e sociale. Iniziativa non nuova e sviluppata da Lorenzo Morelli, direttore Distas della Università Cattolica: “Abbiamo deciso di affrontare questo argomento vista la sua grande complessità e la altrettanto grande confusione che vi regna e di cui tutti parlano. Occorre fare un po’ di chiarezza e fissare dei punti fermi: abbiamo cominciato dal latte e ora vogliamo proseguire. Questa idea risale al 2011, dieci anni fa, tempi in cui si incominciavano solo ad intravedere i problemi attuali legati alla sostenibilità”.
Le due giornate si sono svolte il 5 ed il 12 febbraio, la prima ha toccato temi più generali e legati alle produzioni agricole ed al cibo, la seconda più marcatamente dedicata al latte e derivati. Di seguito si riporta una sintesi degli interventi più significativi delle due giornate. “Sostenibilità: una strategia per molti valori” è stato il titolo dell’intervento di Roberto Zoboli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. E già il contenuto del suo intervento è racchiuso nel titolo: la sostenibilità ha diverse forme e viene perseguita nei vari settori della società, economici, finanziari, produttivi, sociali. “Ogni attività che sviluppiamo ha dei risvolti che riguardano il loro livello di sostenibilità, che purtroppo, è spesso indipendente da quello degli altri. Anzi a volte possono essere in contrapposizione. Per cui il problema è complesso, ma non c’è dubbio che debba essere affrontato in modo globale e sistemico”.
Psicologia dei consumi: quanto conta la sostenibilità?
Oggi più che mai dal momento che le fonti di informazione sono innumerevoli e diventa fondamentale perseguire in modo coordinato 17 obiettivi strategici promossi dall’ONU che sono trasversali ed interconnessi a tutte le attività economiche, e non solo, dell’uomo. Per la parte agricola tali concetti sono diventati pregnanti anche a livello di indirizzi di politica economica. Si vedano le indicazioni della Unione europea con il Green New Deal, molto impostato sull’ambiente, e che fissa delle scadenze ben precise circa il raggiungimento della neutralità delle emissioni al 2030 e la de carbonizzazione al 2050. E questa è la riprova della necessità di un approccio integrato e che può segnare l’inizio di una nuova fase dello sviluppo economico basato sulla circolarità e sul green.
Massimo Iannetta di Enea è entrato più nel merito di un approccio agricolo partendo da un dato di fatto: “Gli ettari di terra arabile per abitante passeranno da 6.000 mq/capo del 1950 a 1.000 mq/capo nel 2025. Dunque occorrerà produrre di più con meno superficie ed inoltre occorre pensare che con un orizzonte al 2030 e con l’aumento della popolazione servirà il 45% in più di energia, il 30% in più di acqua ed il 50% in più di cibo. Il tutto con una diminuzione dell’uso di pesticidi e di agro farmaci e con un maggiore apporto della agricoltura biologica. A tutto ciò si aggiungano i problemi legati al cambiamento climatico. Ne consegue che sarà necessario individuare nuovi modelli produttivi ma anche di consumo per quali l’Unione europea ha stanziato 10 miliardi di euro”.
L’analisi di UNICATT: impatto ambientale e salute al centro
Infine gli aspetti alimentari e dietetici sviluppati da Laura Rossi, nutrizionista del Crea in relazione all’ambiente e ai nuovi obiettivi di sviluppo. “Il concetto base è di una dieta sana ma sostenibile. Ed è necessario trovare dei termini di ottimizzazione dei diversi fattori da tenere in considerazione. Ci abbiamo provato utilizzando un metodo matematico basato sulla programmazione lineare. Che prevede appunto un approccio integrato ed in cui i concetti nutrizionali devono essere salvaguardati. Per cui se, da un punto di vista esclusivamente ambientale, una dieta largamente basata su vegetali e legumi è quella che offre i migliori risultati, da un punto nutritivo non possono essere esclusi gli alimenti di origine animale con il loro apporto di proteine nobili ed amminoacidi essenziali”.
Ma cosa spinge il consumatore verso le sue abitudini alimentari? Lo ha spiegato Guendalina Graffigna, docente di psicologia dei consumi sempre dell’Università cattolica della facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università cattolica, che da tempo si sta occupando dello studio dei comportamenti dei consumatori, al punto di avere creato una struttura ah hoc: “Engage mind hub”, ha detto che: “Il 33% degli italiani che oggi evita di consumare prodotti considerati non sostenibili appartiene ad una fascia elevata, sia di formazione che di reddito. Ma la cosa più importante è capire cosa si nasconda o meglio cosa si aspetta il consumatore dietro il termine ‘sostenibile’. Dalle ricerche sviluppate emerge che il consumatore medio si preoccupa dell’impatto sull’ambiente, sulla salute e sul benessere animale mentre è meno attento agli aspetti etici del commercio. Addirittura in molti casi pare che il consumatore sia più attento a questi aspetti rispetto agli stessi aspetti nutrizionali e di salute”.
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Ildebrando Bonacini