Pannelli solari e barriere frangivento per un ponte integrato con l’ambiente
Un ponte sostenibile e meno invasivo possibile, al limite della trasparenza, affinché i viaggiatori possano godere del paesaggio che si ammira sulla valle del Polcevera fino al mare. Riuscire in questa sfida è stato il compito che il Gruppo Webuild, incaricato di realizzare il nuovo Ponte di Genova insieme a Fincantieri, ha affidato alla Bosco Italia. La società ha installato i pannelli fotovoltaici, progettando e realizzando i relativi supporti, nonché le barriere frangivento in vetro che corrono lungo il viadotto.
“Abbiamo diviso il ponte su 1.535 campionature – racconta oggi Emanuele Marenco, presidente e amministratore delegato della Bosco Italia – sulle quali sono stati istallati tanto i pannelli fotovoltaici quanto i vetri frangivento”. I pannelli, che sono collegati alla rete impiantistica del ponte, accumulano energia durante il giorno e la rilasciano di notte così da garantire l’illuminazione del ponte, il funzionamento della segnaletica e anche quello dei sistemi di monitoraggio della struttura.
Ponte Genova Bosco Italia: insieme ad altre 330 imprese hanno partecipato alla sfida
La Bosco Italia ha realizzato anche le barriere frangivento, un altro elemento di quest’opera assolutamente unico. “Le barriere – prosegue Emanuele Marenco – sono elementi eccezionali. Alte 2 metri e 30 centimetri, sono in grado di sostenere un peso di 280 kg per metro quadrato pur mantenendo la loro leggerezza e trasparenza. L’unicità di questi cristalli è quella di essere extra chiari, un prodotto tipico dell’arredamento di aeroporti”.
Le barriere assicurano una completa visibilità panoramica e offrono la percezione di trovarsi di fronte a una vetrata quasi inesistente se non fosse per la delicata serigrafia di strisce nere per segnalare le barriere agli uccelli che dovessero sorvolare il ponte. Per portare a termine i lavori la Bosco Italia ha lavorato a ritmi elevati, così come le altre ditte impegnate nel cantiere. “Quando siamo saliti per la prima volta sull’impalcato – ricorda Marenco – è stata un’emozione unica. Per riuscire in questa impresa oltre alla volontà ci vuole uno stimolo superiore e l’idea di partecipare alla ricostruzione di un’opera così importante per Genova rappresenta proprio quello stimolo”.