TechChill Milano 2023, il racconto: trionfa la startup Toogggle
In occasione di TechChill Milano 2023 abbiamo intervistato gli Intelligence Startup Analyst di Sifted Ruggero Di Spigna e Federico Scolari
TechChill Milano 2023 si è conclusa con oltre 1.000 partecipanti, 30 eventi collaterali, 50 relatori, un pool di 125 investitori e più di 200 rappresentanti di startup provenienti da 39 paesi. Questi sono i numeri che raccontano il successo della seconda edizione dell’evento italiano di TechChill Foundation dedicato all’imprenditorialità delle startup che si è tenuto presso l’Università Bocconi di Milano il 26 e 27 settembre in partnership con B4i – Bocconi for innovation. Togggle si è aggiudicata la Startup Pitch Battle e un premio da 10.000 euro senza vincoli, oltre a benefit e servizi forniti dai partner dell’evento.
TechChill Milano 2023, ecco i dati portati alla ribalta da Sifted
Per questa occasione, Sifted ha sondato il sentiment dell’ecosistema italiano delle startup ed è emerso che i finanziamenti per settore in Italia si stanno allineando con quelli europei: il Fintech è in calo rispetto agli anni precedenti ma comunque il più finanziato nel complesso, mentre l’Healthtech è quello più attivo in termini di accordi siglati. Il terzo settore più sviluppato è quello del Food, mentre l’Energy sta recuperando rapidamente terreno. Per l’occasione, abbiamo intervistato gli Intelligence Startup Analyst per Sifted Ruggero Di Spigna e Federico Scolari.
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Il contesto italiano ha dimostrato, stando ai dati, un’inaspettata vitalità…
RDS: Non vorrei sbilanciarmi in positivo né in negativo. C’è una crisi generale del mercato in tutta Europa. Si può sottolineare però come Milano abbia in percentuale performato meglio dello scorso anno rispetto alle altre città italiane. Penso ci siano voglia e iniziative che andrebbero supportate maggiormente dalle istituzioni. Gli investitori ci sono, ma mancano gli incentivi.
FS: Il nostro messaggio è relativamente cauto. L’Italia rispetto al contesto europeo ha vissuto un terzo trimestre positivo. Nel 2023 le cose non stanno andando così male, anche se rispetto al resto d’Europa siamo ancora indietro. La dimostrazione di interesse comune c’è. Manca il supporto istituzionale e in termini di investimento che c’è altrove.
Al netto del mancato supporto istituzionale, ci sono altri ostacoli da segnalare per le startup italiane che si affacciano al bacino degli investitori?
RDS: La grossa difficoltà per le startup resta trovare fondi, dall’Italia e dall’estero. Questi ultimi in particolare sono fondamentali per la loro crescita. Mi pare di capire che ci sia mancanza di investitori soprattutto per quanto riguarda i round che permettono di compiere lo step che da piccola impresa ti consente di iniziare a scalare. Se bisogna faticare tanto per arrivare ad avere i fondi, magari parlando con 50-100 investitori, e dall’altra parte gli investitori devono decidere di allocare risorse stando molto molto attenti, diventa ancor più complesso.
FS: In Italia i talenti ci sono, ma non rimangono. Per una startup è molto più semplice iniziare all’estero che qui. Non è mai stato un problema di carenza del talento.
Rivolgendo lo sguardo ai settori, quello dell’energia forse inaspettatamente è ancora indietro.
RDS: Sul fronte dell’energia credo ci sia consapevolezza, nel mondo e in Europa, della necessità di iniziare a investire nelle rinnovabili, considerando la gravità della crisi climatica. È un settore che crescerà, per fondi e iniziative. L’universo Saas guida la classifica.
FS: Il settore dell’energia è estremamente intensivo dal punto di vista, quindi la mancanza di spinta con grandi round diventa un problema perché impatta sulla possibilità di creare le infrastrutture necessarie. Di conseguenza è più difficile scalare e avere i mezzi per farlo. In ogni caso è in crescita, ma valutare quanto possa crescere nel futuro è complesso.
Considerando i dati a disposizione, osservando i settori in cui operano le startup italiane, quale di questi nei prossimi mesi potrebbe portare a casa i risultati più interessanti?
FDS: Seguendo i trend, non solo italiani, ma europei, ci possiamo sbilanciare sui servizi alle imprese (SaaS). Dallo scorso gennaio è cresciuto l’interesse per l’intelligenza artificiale generativa. L’Health, possiamo dirlo, è sempre andato bene in Italia, perché c’è grande attenzione alla ricerca.
FS: Adesso, essendoci più interconnessione tra il tessuto italiano e quello europeo, guardano i trend di quest’ultimo, è più facile capire dove saranno le startup italiane. Fintech è decisamente scesa, l’energia è aumentata, ma per individuare il settore più forte, bisogna attendere. Guardando invece a ciò che è più tradizionalmente forte in Italia, nella sua declinazione Tech mancano quasi del tutto gli investimenti dalle grandi industrie di successo, che solitamente finanziano le startup dello stesso settore. Non si è mosso nulla per il Fashion, mentre qualcosa si è visto nel Food, ma non abbastanza. Questo è un dato piuttosto sorprendente.
Guardando al contesto europeo, ci sono Paesi rispetto ai quali l’Italia è ad un punto simile?
FS: Nella stessa situazione, o quasi, troviamo Estonia, Polonia ed altri esempi dell’Europa Centro-Orientale. Siamo indietro rispetto alla Spagna, a parità di conformazione del tessuto industriale.
FDS: Se si guarda il pro capite nel contesto Tech, l’Estonia ad esempio è più avanti rispetto all’Italia. Hanno già esportato molto talento ed hanno un parco startup estremamente vivace, complici anche gli incentivi fiscali favorevoli.