Il Belpaese si dimostra interessato alle nuove tecnologie ma non investe nelle competenze
Le industrie italiane della quarta rivoluzione industriale si dimostrano aperte alle novità, ma fanno fatica ad effettuare un completo rinnovamento a causa di importanti limiti industriali. In molti casi non ci sono vere e proprie strategie nell’immergersi negli sviluppi 4.0, e la mancanza delle competenze necessarie fa da freno all’innovazione. Questo quadro generale offre una sintesi che riguarda l’attuale situazione dell’Italia rispetto alle evoluzioni tecnologiche.
Uno studio di Deloitte ha cercato di capire a che punto si trovi il Belpaese, coinvolgendo più di cento dirigenti C-level ai vertici delle principali imprese italiane. Per quanto riguarda l’interesse che le tecnologie 4.0 suscitano, l’industria italiana ha risposto in maniera positiva. Soprattutto per quanto riguarda il mercato could italiano, che ha mosso circa due miliardi di euro, inoltre il 22% delle aziende italiane ha adottato servizi cloud, un dato maggiore rispetto alla media europea del 21%. Anche il mercato IoT (Internet of Things) risulta in crescita, con 3,5 miliardi di euro, di cui lo smart meeting ne costituisce una grossa fetta (980 milioni di euro) come le soluzioni smart car (810 milioni).
Per quanto riguarda la robotica industriale, l’Italia è il settimo paese al mondo per la produzione e l’ottavo per l’utilizzo dei sistemi robotici. Nel mercato delle comunicazione M2M (Machine to Machine) ci approcciamo ad un sesto posto a livello globale. Questi numeri positivi li dobbiamo considerare quasi prettamente sulle grandi imprese, in quanto il 67% delle imprese italiane ha investito in nuove tecnologie. Questo 67%, però sale il 97% se consideriamo solo le imprese di grandi dimensioni, e scende al 42% per le aziende con meno di 50 dipendenti.
Il problema è fondamentalmente concettuale, le cifre ci dimostrano che l’interesse c’è, come la capacità di riconoscere le tecnologie più critiche per mantenersi competitive. Quello che mance è il capire come sfruttare al meglio le innovazioni, solo il 6% degli intervistati afferma di possedere un solido business case per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche. Anche i manager italiani non sono ancora arrivati ad avere le competenze adatte, solo il 5% di loro si definisce in grado di prevedere i cambiamenti organizzativi indotti dalle nuove tecnologie.
Lo skill gap rischia di ridurre l’industria italiana a trovarsi senza prodotti innovativi e privi di competenze, e attualmente non ci sono delle vere soluzioni per ovviare al problema. Le imprese non attivano corsi di formazione interna, ma si aspettano che sia una riforma del sistema educativo la soluzione migliore.